La stanno scrivendo con le parole e i ricordi, figure della nostra cultura e società. Scrivono e raccontano sul saluto: anzi ,di quel saluto entrato a fare parte della memoria. Presto tutto questo diventerà un libro: semplice come i ricordi che conterrà , ma importante per il valore dei contenuti che avrà da trasmettere. Anche voi potete lasciare il vostro contributo: un pensiero, una breve storia (max 25 righe), una poesia che si aggiungerà alle testimonianze contenute nella prima "ANTOLOGIA DEL SALUTO" mai realizzata. Scrivi alla nostra e-mail : info@boscodellefate.org con tanti saluti. Associazione culturale Bosco delle Fate
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Antonio Gregolin, vive a Montegaldella (Vi). Giornalista e fantaecologo, è l’ideatore della campagna SALVA IL SALUTO, partita da un ridente paese del vicentino, oggi diventato non a caso il primo “Paese del Saluto” al mondo. “E’ nata qui – risponde il suo ideatore- perché da tempo, la mia gente, quella semplice della campagna veneta, sembrava aver perso l’attitudine al saluto. Così giustificavo quello che stava accadendo da qualche tempo anche in città. ” Che fare? La risposta è stata un coro di solidarietà giuntagli anche da personaggi autorevoli e di cultura. Segno questo che il valore del saluto, è un segno di civiltà da difendere e conservare, anche con il tuo aiuto…..Ciao!
Me l’hanno chiesto in molti, il perché di una campagna così particolare in difesa del saluto? La risposta è semplice se si pensa che è nata per strada. Dentro i condomini. Nel mio paese come nelle città. Nelle piazze, come lungo i sentieri di campagna. Ma soprattutto, è nata tra la gente. Quella ricca o povera. Quella semplice o dotta. Insomma, sono tante le risposte per un problema quotidiano:ci si saluta meno e con sempre maggior diffidenza. Vi pare? Provate oggi voi a salutare per strada? Rischiate che qualcuno vi rimproveri o vi faccia un chiaro segno di mano che poco ha a che vedere con l’altro segno rappresentato da un saluto. Allora mi dicevo: “sarà forse perché sono di un’altra generazione? Però, ogni volta che usavo la magica formula del salutare, ciò che ricevevo, era quasi sempre un sorriso come risposta. Ma allora, funziona ancora, mi ripetevo.” Salutare ha ancora un effetto “salutare” tra la gente. La prova è quando andiamo in vacanza: stranamente tutti si salutano. Poi, d’improvviso, tutto passa…. Ve l’avevo detto che era semplice intuire il perché è nata una campagna di sensibilizzazione come questa! Basta sentire le lamentele degli anziani, quando dicono: “Eh, oggi i tosi non salutano più…son senza rispetto!” “Ma dai nonno, – rispondevo io-, prova tu a salutare per primo i giovani? Che forza quel “Ciao”. Che vitalità quel “Buongiorno”. Che cultura dietro quel gesto di mano. Non serve essere dei maghi per capirne la magia; serve piuttosto essere uomini. Serve credere che al di là della formalità, c’è un gesto che ci apre al mondo. Impossibile dunque, non dire che il saluto è un segno di vita. Ecco perché chi saluta migliora la qualità della vita: quelle dei paesi come delle città. Quelle mani alzate, parlano al cuore e all’intelletto. Come quei gesti di mano lasciati dall’uomo primitivo sulle pareti di pietra nelle caverne. Segni, simboli, messaggi, ma soprattutto gesti di civiltà. Quella civiltà da cui arriva la nostra cultura. Segni antichi, quanto moderni. Ecco perché, ogni qualvolta che devo giustificare questa iniziativa, ricordo la forza che ha quel mio gesto di mano quando, durante le mie passeggiate serali, passo dinnanzi alla casa dove abita la vecchia Maria S. Lei è sempre là, nella sua poltrona davanti alla finestra: tutto il giorno, tutti i giorni. Eppure, qualcosa di magico accade ogni sera, quando passando le dico: “Ciao Maria!”. Niente di più semplice. Così quando io alzo la mia mano, lei fa un cenno con la sua. Un gesto rapido, quanto puntuale. Io fuori e lei dentro, eppure mai così vicini…
ANTONIO GREGOLIN
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Il cardinale ERSILIO TONINI è il volto noto della televisione. L’uomo amico dei semplici come dei potenti, sulla soglia dei novant’anni, continua a fare della semplicità la forza del suo linguaggio. Diretto e chiaro tanto da essere capito indistintamente dai ragazzi come agli adulti. Un uomo che, come rappresentante della Chiesa di Roma, vede nel saluto un rigenerante grazie alla vita…
RAVENNA 23 settembre 2003
“Ogni giorno, ogni mattina appena apro gli occhi, il mio primo saluto va al cielo. E’ un saluto di ringraziamento per la mia esistenza, sapendo che nulla nella vita è scontato. Saluto Dio come mia madre mi ha insegnato fin da piccolo. Con quello spirito che mi porta a “salutare” per i doni che incessantemente riceviamo dall’alto. Sì, perché il saluto ha in sé anche una profonda radice spirituale: è lo stupore dell’incontro. Salutare è guardare e aprirsi all’esistenza. Un segno distintivo che ha una tradizione, ma soprattutto, una personale apertura che si rinnova in noi ogni giorno. In ogni momento…” “Se poi fosse solo formalità, il saluto continuerebbe ad impartire riverenza. Comunque, rimane un segno di apertura che lo si pensi in un modo o lo si dica in un altro.” “Ho in mente quel particolare modo di salutarsi che si fa nelle Marche per dire come stai? In molti rispondono: “In grazia di Dio!” Pensate che forza ha quel salutarsi. Un linguaggio che si trasforma in ricchezza di sentimento.” “Ciò avviene anche quando incontro la gente durante i miei spostamenti per l’Italia. In queste occasioni c’è un saluto in particolare che m’impressiona, quello della gente che mi dice : “Ringrazio il Signore, perché lei esiste”. Ecco la ricchezza di cui volevo parlarvi; ecco come il saluto dimostra che il consumismo non ha logorato tutto! Sì è vero, la televisione mi ha reso un volto noto, ma non ha cambiato in me il senso del salutare chiunque e dovunque, perché la grazia divina, sta in ogni luogo. In ogni sguardo. In ogni nostro gesto.” “Ci sono poi gli ultimi saluti, quelli che dobbiamo ai nostri cari: i più dolorosi e doverosi. Ricordo quello che feci a mia madre sul letto di morte. Come anche quel laconico saluto di mio padre che mi disse semplicemente: “Ah, sei qui!”. Furono le sue ultime parole per me; morì tragicamente qualche ora dopo. Oggi tutto questo continuo a immaginarmelo come un dono; un contributo alla mia esistenza. Un dono del cielo, come l’indimenticabile saluto che il Papa mi ha rivolto il Natale scorso. Per alcuni minuti, tenne la mia mano tra le sue, in silenzio. Poi con sottile umorismo aggiunse: “Ecco un cardinale combattente!”, mostrandomi un sorriso che valeva quanto un saluto.
Testo raccolto da Antonio Gregolin
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Andrea Zanzotto è una delle più prestigiose anime poetiche del nostro tempo. Considerato il poeta vivente più valente; il suo racconto di vita, spazia dai sentimenti ai cambiamenti. Critico e fine analista, ha colto nel saluto un gesto di civiltà e cultura letteraria da Dante fino ai nostri giorni.
Tanto gentile e tanto onesta pare / la donna mia quand’ella altri saluta, ch’ogne lingue deven tremando muta / e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudari / benignamente d’umiltà vestita; e par che sia una cosa venuta / da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira, / che dà per li occhi una dolcezza al core, che n’intender no la può chi no la prova;
e par che de la sua labbia si mova / uno spirito soave pien d’amore, che va dicendo a l’anima: Sospira.
Così il saluto di Beatrice nel dettato poetico dantesco: noi restiamo abbagliati dalla sua suprema autenticità. Al polo opposto troviamo ne “I Promessi Sposi” il saluto quasi automatico di Don Abbondio e Don Rodrigo: il povero parroco “non conosceva Don Rodrigo che di vista e di fama, né aveva a che fare con lui, altro che di toccare il petto col mento, e la terra con la punta del suo cappello quelle poche volte che l’aveva incontrato per strada”.
Tra questi estremi di colloca il semplice, naturale saluto che da sempre si fa tra persone che s’incontrano, in un clima sociale mediamente equilibrato. Ma questo valore, questo “collante” lieve, non può resistere nella società attuale, divenuta sempre più nevrotica per ragioni ben note: in un’accelerazione ansiosa, tra costrizione di “concorrenza” spesso sleale e spinta a mutamenti socio-economici tanto incerti quanto costrittivi e rapidi.
Si rende così opportuno oggi un richiamo all’antica schiettezza e semplicità. Ma non bisogna dimenticare, quante specie di “saluto” vi sono, quante ambiguità, forme di ipocrisia o di larvata violenza: magari nascoste dai sorrisi. La stessa scienza detta “prossemica” ha origine dalla meditazione sul saluto e sugli altri segni di riconoscimento nei rapporti sociali.
Per quanto mi riguarda, non ricordo saluti così importanti da cambiarmi la vita ma certo sono stato aiutato, lungo gli anni, da molte forme di saluto, trasmessemi da una comunanza di vita e di idealità, presenti da sempre nelle campane o nelle piccole città. Torni il saluto della “buona educazione”, naturale, in fin dei conti per ogni uomo, come il respiro stesso, e credo, non estinto del tutto nemmeno ora, pur tra tanti volti corrucciati e muti. Cussì, paesani e no paesani, bondì a tutti…
Andrea Zanzotto
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Parla della vita e della morte come di quell'ultimo saluto che molto spesso è un addio: "Ricordo ancora quel colpo sparato contro la camoscina - racconta Corona-, quando mi avvicinai vidi il suo sguardo che da terrorizzato si faceva sempre più dolce. Aveva assunto un atteggiamento di dolce rassegnazione. I suoi occhi erano l'emblema del suo spirito, fiero ma anche umile. Ormai non potevo fare più nulla, lei stava morendo, lo sentiva e me lo diceva Mi fissava come se volesse salutarmi. Ero solo e quegli occhi mi tormentarono dentro come non mai. Quell'ultimo saluto della camoscina, fu per me anche l'ultimo e definitivo saluto alla caccia!" Il paese di Erto è un piccolo mondo dove tutto e niente continuano a ripetersi con le regole antiche dei borghi di montagna. Così i saluti della gente, quella poca che è rimasta, hanno un significato d'altri tempi che si esprime già con il tono con cui si pronunciano: "Purtroppo, - racconta Mauro Corona- lo vedo nei ragazzi che vengono fin quassù con le scolaresche, che nessuno saluta più come una volta…" "La mia è una vita fatta di saluti, per coloro che sono vivi e per quanti sono i morti. Come il caso di Cice Caprin, un boscaiolo di vecchio stampo che sul punto di morire mi salutò dicendomi "se veden doman… tornem nel bosco a far legna". Tenevo la mia mano sulla sua spalla, ma erano i nostri sguardi che s'incontravano e si salutavano per sempre. Lui sapeva che stava per congedarsi dalla vita. Sapevamo ambedue che quello non era un addio, ma solo un arrivederci. Sì, perché ci si può salutare anche con uno sguardo!" "Ecco perchè quando saluto - conclude lo scrittore -, guardo dritto negli occhi come fanno gli animali, solo così puoi capire se colui che ti risponde è generoso e lo fa col cuore. Buona vita a tutti! Testo raccolto da Antonio Gregolin |
La montagna sono i suoi ricordi, il suo stile di vita, quello della gente semplice che incontri quando vai in vacanza. Proprio in quei momenti, il saluto ti viene spontaneo: lo fa il turista come il montanaro, l'anziano come il giovane. "Io - racconta Stern-, sono uno scrittore che non viaggia molto, quando lo faccio rimango male ogni qualvolta saluto dei ragazzi che non ricambiano… Forse è colpa della tecnologia, di quella fretta di oggi che i fa dimenticare come il salutarsi sia principalmente una forma di rispetto verso gli uomini e il mondo." "Ben venga questa straordinaria campagna per salvare il saluto, non può fare che bene a noi gente di montagna - auspica lo scrittore -, come a quelli di pianura, fino al mare. Salutare, in fondo fa bene a tutti!". "Ciao!" ci dice alla fine da giovane-vecchio, dalle vette irraggiungibili delle sue montagne di ricordi.
Testo raccolto da ANTONIO GREGOLIN |
Ho guardato le mani secche come le foglie di castagno in autunno. Ho guardato i suoi occhi quasi nascosti dalle palpebre, piccoli, ma terribilmente intensi. Ho incontrato persone importantissime e mitiche. Da Giovanni XXIII, a Papa Giovanni Paolo, a Tonino Bello, all’Abbé Pierre, a Levi Montalcini, a Gorbaciov, a Muti, a S. Giovanni Calabria, a Padre Pio e altri ancora. Nessuno ha lasciato dentro di me il segno come Madre Teresa, quasi una cicatrice. Perché non lo so. Ricordo che imbarazzato e fortemente affascinato, ho solo detto quello che dico quando incontro amici: “ciao”. Dopo, poco dopo, rimpiangendo l’occasione perduta, mi sono sussurrato “Quanto sei stupido!”. Durante i funerali visti in diretta su molte televisioni, a un certo punto ho sorriso. Un prete, vicino a me, si voltò, come per rimproverarmi…Continuai a sorridere. Ripensavo quell’incontro e al ciao detto a Madre Teresa. Chissà se ricorderà, lassù…quel freddo mattino di dicembre e quel prete un po’ svampito.
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Una volta mi imbattevo in un anziano amico di famiglia: quand’ero piccolo mi lanciava tutti i giorni per aria come una frittella mentre la moglie mi schioccava sulle tempie dei baci spaccatimpani. E’ venuto un giorno, credo capiti a tutti, dove il vecchio entusiasmo svanisce e chi ti faceva piroettare per aria non ti vede nemmeno, figurarsi una stretta di mano o una «come va?». Mi stupiscono molto quelli a cui rivolgi un saluto forte e chiaro e che passano oltre come l’olio sul marmo. Quando ad uno di questi indifferenti stavo per togliere il saluto, qualcuno spiegò che in realtà c’era un problema di vista. Non era indifferenza, era miopia. Apprezzo chi anche più volte al giorno ti stringe la mano; un po’ meno chi ti frattura il pollice e l’indice; e per giunta non molla la presa e ti frattura anche l’anulare e il mignolo. Tra gli adulti niente più inchini, scappellamenti, pacche sulle spalle, abbracci (si abbracciano solo i calciatori), molto lieto, molto piacere, tutti saluti decisamente out. Il Conte Nuvoletti non avrebbe mai immaginato un tale imbarbarimento dei costumi. L’uomo di mondo oggi pronuncia con un certo distacco nome e cognome, senza altro genere di cordialità. Tra chi ancora saluta alla vecchia maniera, aumenta il ricorso al "salve", preferito al freddo buongiorno e al troppo confidenziale ciao. Quando invece si litiga con il vicino di casa cui si è sempre dato del lei, si usa inevitabilmente il tu.E alla fine i "saluti", di un genere molto particolare, si sprecano.
di Luigi Baccialli direttore del Gazzettino |
Tonino Guerra si rivolge poi verso quei profili collinari della sua Romagna, dove qua e là sopravvivono alberi secolari e soli: "Dovremmo salutare anche loro, le vecchie piante, così come t'insegnano a fare in Russia." "A quella terra debbo molto e ancor oggi non dimentico lo stupore di uno dei miei primi viaggi a Mosca quando mi hanno invitarono a salutare un vecchio albero. Mi dissero di abbracciarlo - racconta il regista- perché a lui avrei dato il mio rispetto e in cambio avrei ricevuto la sua forza." "Insomma, - conclude Guerra- salutiamo tutti indistintamente, uomini e piante, ma anche fiori o uccelli perché è con questo spirito che riempiamo di bellezza la nostra esistenza."
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Testimonianza di un fotografo-viaggiatore in America Latina. ![]()
Vivendoci a contatto, per lunghi
periodi, ne sono stato talmenteinfluenzato, che ogni volta che mi sono
ritrovato in Italia, più precisamente nel Veneto, mi sono sentito come
un pesce fuori dalla acqua. A malincuore, passato un pò di tempo da ogni
mio rientro in Italia, l'erogazione del mio saluto, subiva delle
inevitabili riduzioni, per le
ovvie
ragioni che traspaiono dal nostro contesto Veneto o Italiano. Sarebbe
inconcepibile nel Veneto, salvo che per essere considerato un modo fuori
dalla norma, adottare il saluto come in Guatemala. La (in Guatemala) il
saluto diventa talmente contagioso da mattino, all'alba, alla sera fino
al momento di coricarsi, che anche la persona più restia a
contraccambiarlo, si ritroverebbe coinvolta dall'atmosfera, al punto da
ritenere strano colui che entrando, per la prima volta, in un"Comeador"(Trattoria),
non scambiasse i saluti con tutti i presenti, oppure, con tutti quelli
che incontrasse sul suo cammino.
Là in
Guatemala le persone diverse che ti passano accanto non sono parte di un
mondo a sé stànte dal nostro (anche se agli occhi di molti occidentali è
così).
Come i
Maya di un tempo, così i Maya di oggi hanno sempre avuto un pensiero
globalizzante in riguardo all'umanità: un'unica grande famiglia, con
vari e distinti nuclei famigliari, intrecciati gli uni agli altri, come
una grande tela multicolore e multiforme, in cui si riflette la bellezza
dell'opera del Creatore.
Da questa
loro concezione promana il loro rispetto e considerazione per tutti gli
esseri (comprendendo anche animali e piante); ATTENZIONE verso l'altro,
anche diverso, che si riflette nella loro vita di tutti i giorni, con la
loro spiccata solidarietà,
con le loro cerimonie di
ringraziamento rivolte ai quattro punti cardinali del mondo, nonchè con
la loro splendida consuetudine del saluto.
Non posso terminare senza inviare i saluti a tutti quelli che mi
leggeranno, poichè grazie soprattutto ai Maya, sento nella profondità
dell'anima che tutti apparteniamo ad una unica grande famiglia. Per
questo, aggiungo anche i miei migliori auguri di Pace, Comprensione e
Rispetto per sè stessi e gli altri.
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Lui che da poeta e profeta, fece del suo tempo un segno permanente di quel tempo che ci resta da vivere .
Ama Saluta la gente Perdona Ama ancora e saluta Dai la mano Aiuta Comprendi Dimentica…e ricorda solo il bene. E del bene degli altri godi e fai godere . Godi del nulla che hai. Del poco che basta. Giorno dopo giorno: e pure quel poco - se necessario- dividi. E vai, vai leggero dietro il vento e il sole e canta. Vai di paese in paese e saluta. Saluta tutti: il nero, l'olivastro e perfino il bianco. Canta il sogno del mondo: che tutti i paesi si contendano di averti generato.
(p. DAVIDE M.TUROLDO - poeta e scrittore-)
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La generale presa di parola
passa anche dalle nuove declinazioni. Come dai
La parola Di Alessandro Fei, professore di Firenze E’ ancora notte, quando tu mi sei apparsa, leggiadra e vellutata come una carezza, avvolta nel tepore delle lenzuola e dal dolce abbraccio del piumino, come per dare il benvenuto al nuovo giorno. Lo scalpiccio che proviene dal soffitto, puntuale come un orologio, allontana da me le ultime stille di sonno, dissolve nella realtà i pochi brandelli di sogno rimasti a guardia del mio risveglio.
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