Il saluto prende la forma di un omaggio, tendente a esprimere con cenni e parole la dipendenza, la sottomissione e perfino la servitù. Appartengono a questa classe gli atti di prostrarsi davanti al capo o al signore col viso a terra, di strascinarsi sulle mani e sulle ginocchia, o di stare prono col piede del signore sulla nuca o sulla testa, e talvolta di presentarsi con le mani legate o con una fune al collo o con un fardello addosso, nell’atteggiamento di chi supplica o implora grazia.
-Nel vecchio regno del
Dahomey |
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-Nell’isola di Giava | ![]() |
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-Nelle isole Samoa | ![]() |
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L’idea della subordinazione, che è implicita in quella categoria di riverenze, fa si che il saluto prenda aspetti differenti a seconda della classe sociale dell’ossequiente o dell’ossequiato.
-Il saluto
che i
Calmucchi |
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-Nel costume dei Lapponi | ![]() |
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A queste forme se ne aggiungono poi delle altre, come lo sfiorare con le labbra le ginocchia, i piedi, gli abiti della persona che si vuol riverire; o come il salto e la danza in segno di giubilo.
-Nelle isole Figi |
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-In Australia |
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Con queste formalità tocchiamo il campo delle cerimonie magico-sacre, di cui alcuni saluti non sono che residui o avanzi, essendo ispirati primitivamente dall’idea di allontanare dalla persona supposti mali o malefizi.
Espressioni di cortesia e di rispetto, che hanno fondamento in superstizioni, sono i fuochi che si accendono, i suffumigi con sostanze aromatiche che si fanno nell’atto di riverire un personaggio.
I Greci si salutavano scambiandosi una parola di buon augurio ( <<sii lieto>>, o un’espressione simile) e consideravano uso contrario al popolo libero l’inchinarsi come facevano gli Egiziani o i Persiani.
Di solito i Greci si salutavano a distanza; segno più intimo di amicizia era lo stringersi la mano. Anche il saluto è un augurio. Have! <<Dio ti salvi>> ( nella tradizione è prevalsa la grafia meno corretta Ave!); Vale! << Sta sano!>>; raramente un popolo ha dato al saluto l’importanza che esso aveva per i Romani. I ricchi signori, che erano sempre attorniati da una folla di clienti, volevano che questi si presentassero tutte le mattine a fare il loro saluto al patrono ( salutatio matutina), di solito con le parole: Have domine, have rex; gli alti magistrati erano salutati dai cittadini più ragguardevoli. Mancare abitualmente all’obbligo del saluto mattutino era considerata scortesia e intollerabile indipendenza.
Anche per la strada il minore doveva essere il primo a salutare il più autorevole; solo quando un cittadino aveva presentato la sua candidatura al consolato o ad altro ufficio pubblico, cercava, senza tante distinzioni, di salutare quanta più gente poteva. Chi riceveva il saluto doveva rispondere.
La forma più comune di saluto nel mondo classico, usata peraltro, più che nella vita giornaliera negli incontri o nei distacchi di grande importanza, era la stretta di mano: la vediamo rappresentata nei monumenti figurati, e soprattutto nelle steli stele sepolcrali.
Il saluto fatto alzando e protendendo il braccio destro, pur avendo in origine valore di adorazione, fu usato in età romana verso persone cui era dovuta reverenza.
In Oriente: Nell’ambiente islamico ( come del resto nell’antico oriente), tratto caratteristico del saluto è l’inchino del capo e del corpo e il portare la mano alla fronte. Formula tipicamente musulmana del saluto è l’augurio as-salam ‘alaikum <<salute a voi>>. Da questa formula nasce il vocabolo italiano salamelecco, il cui senso spregiativo deriva dal troppo cerimonioso atteggiamento degli orientali.
Folklore:I saluti popolari variano da paese a paese, secondo le classi sociali, lo stato delle persone e secondo le occasioni ( ore della giornata, circostanze, ricorrenze solenni, ecc.) e possono consistere o in semplici gesti o in parole, ovvero in questi e in quelli combinati insieme.
Tra i gesti i più comuni sono la stretta di mano, il bacio, l’abbraccio, il cenno con la mano, la scappellata o l’atto di toccare il cappello; ma accanto a questi che hanno carattere amichevole e confidenziale ve ne sono altri, di carattere ossequioso e riverenziale, che possono dirsi gerarchici, come quelli che sono espressi da inferiore a superiore. Tra questi la genuflessione completa ( sopra due piedi) o incompleta (sopra un piede), l’inclinazione del capo, l’inclinazione del corpo.
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